Parthenope


Ebbene, io vi dico che non è vero. Parthenope non ha tomba, Parthenope non è morta.
Io sono viva. Mi vedete? Sono sempre così: splendida, giovane e bella, da cinquemila anni. Corro sui poggi, passeggio sulla spiaggia, mi affaccio al vulcano, mi piace perdermi nella vallata.
Sono io, che rendo la tua città ubriaca di luce e pazza di colori; sono io, che faccio brillare le stelle nelle notti serene; sono io, che rendo irresistibile il profumo d’arancio; sono io, che faccio risplendere il mare.
Quando nelle giornate di aprile, un venticello caldo ti inonda di benessere, quello è il mio alito soffice, Quando nelle lontananze azzurrine del Bosco di Capodimonte vedi comparire un’ombra bianca allacciata ad un’altra, sono io, col mio amante. Quando senti nell’aria un suono di parole innamorate, è mia la voce che le sta pronunciando. Quando un rumore di baci, indistinto, sommesso, ti fa sobbalzare all’improvviso, sono i baci miei, per te. Quando un fruscio di abiti ti fa tremare, e non vedi nessuno, è il mio peplo che striscia sul porfido del marciapiede, è il mio piede leggero che ti sorvola.
Io cammino, danzo, volo, nuoto. Quando, di lontano, tu stesso ti senti abbruciare alla fiamma di un’eruzione spaventosa è il mio fuoco, quello che ti brucia.
Sono io, che faccio scatenare la città; sono io, che faccio languire ed impallidire d’amore; sono io, che vi faccio contorcere di passione nelle giornate d’agosto…
Io, Parthenope, la vergine, la donna, la sirena, non ho tomba perché non morirò, non morirò mai: sono immortale, come l’amore, come l’Armonia.
Il mio corpo è Napoli, io sono la Città dell’Armonia.
omaggio a Matilde Serao,
testo liberamente tratto da “Leggende napoletane”, 1881
Nota dell’Autore:
Perché Parthenope in qualche disegno ha la coda di delfino e in altri ha le ali?
Le sirene sono figure mitologiche, famose per la loro bellezza e per il canto, con cui seducevano gli uomini promettendo l’eterna conoscenza. Nei secoli sono state rappresentate in diversi modi: nell’antichità come creature alate, nel medioevo come creature marine.
La statua di Parthenope che spegne col suo latte la furia del Vesuvio nella fontana di Spina Corona, ha le ali, perché è la copia di un originale greco. Nelle raffigurazioni più recenti, ha la coda di pesce.
Noi, le abbiamo mescolate tutte.
Parthenope


Ebbene, io vi dico che non è vero. Parthenope non ha tomba, Parthenope non è morta.
Io sono viva. Mi vedete? Sono sempre così: splendida, giovane e bella, da cinquemila anni. Corro sui poggi, passeggio sulla spiaggia, mi affaccio al vulcano, mi piace perdermi nella vallata.
Sono io, che rendo la tua città ubriaca di luce e pazza di colori; sono io, che faccio brillare le stelle nelle notti serene; sono io, che rendo irresistibile il profumo d’arancio; sono io, che faccio risplendere il mare.
Quando nelle giornate di aprile, un venticello caldo ti inonda di benessere, quello è il mio alito soffice, Quando nelle lontananze azzurrine del Bosco di Capodimonte vedi comparire un’ombra bianca allacciata ad un’altra, sono io, col mio amante. Quando senti nell’aria un suono di parole innamorate, è mia la voce che le sta pronunciando. Quando un rumore di baci, indistinto, sommesso, ti fa sobbalzare all’improvviso, sono i baci miei, per te. Quando un fruscio di abiti ti fa tremare, e non vedi nessuno, è il mio peplo che striscia sul porfido del marciapiede, è il mio piede leggero che ti sorvola.
Io cammino, danzo, volo, nuoto. Quando, di lontano, tu stesso ti senti abbruciare alla fiamma di un’eruzione spaventosa è il mio fuoco, quello che ti brucia.
Sono io, che faccio scatenare la città; sono io, che faccio languire ed impallidire d’amore; sono io, che vi faccio contorcere di passione nelle giornate d’agosto…
Io, Parthenope, la vergine, la donna, la sirena, non ho tomba perché non morirò, non morirò mai: sono immortale, come l’amore, come l’Armonia.
Il mio corpo è Napoli, io sono la Città dell’Armonia.
omaggio a Matilde Serao,
testo liberamente tratto da “Leggende napoletane”, 1881
Nota dell’Autore:
Perché Parthenope in qualche disegno ha la coda di delfino e in altri ha le ali?
Le sirene sono figure mitologiche, famose per la loro bellezza e per il canto, con cui seducevano gli uomini promettendo l’eterna conoscenza. Nei secoli sono state rappresentate in diversi modi: nell’antichità come creature alate, nel medioevo come creature marine.
La statua di Parthenope che spegne col suo latte la furia del Vesuvio nella fontana di Spina Corona, ha le ali, perché è la copia di un originale greco. Nelle raffigurazioni più recenti, ha la coda di pesce.
Noi, le abbiamo mescolate tutte.
Virgilio
di Renato Papale


Quando ero ragazzo, a me sembrava immensa; ma, per quanto camminassi tra le fini architetture etrusche che contornavano le sue piazze, la mia strada finiva invariabilmente sulla riva di un lago.
E da quella, oltre l’acqua, lo sguardo correva ai boschi sull’altra sponda, da cui sentivo il richiamo di un vasto Mondo, appena oltre le acque dei tre laghi.
Studiai molto (ed avevo talento!). Questo mi consentì di viaggiare, di allontanarmi da quella Mantova che alla fine mi era diventata minuscola.
Conobbi finalmente quel vasto Mondo che avevo appena sognato oltre i faggi sull’opposta riva. Vidi anche Roma, la capitale dell’Universo, e frequentai perfino la sua Augusta corte!
Ma fu qui a Napoli che alla fine mi fermai, e sulle balze di tufo giallo di questo promontorio (che amavo chiamare “Posillipo” con una punta di vezzoso “grecismo”) costruii la mia casa.
Mi chiedete perché?
Come Mantova, pure Napoli si affaccia sull’acqua, e da ogni punto della Città si vede il suo Golfo rotondo. E anche qui lo sguardo corre oltre, verso la sponda opposta. Ma quello che vedo sull’altra riva di questo mare è… ancora Napoli!
Dunque, chi arriva qui non avrà mai desiderio di voler visitare altro…
Qui, tutte le lingue e le espressioni sono arrivate e la città le ha trattenute e costrette a convivere con le altre. Qui è raccolta tutta la sapienza dell’Umanità. Qui si parla il linguaggio internazionale dei gesti, degli sguardi, delle emozioni.
Qui, mio caro giovane concittadino, si impara ad essere cittadini del Mondo…
Virgilio
di Renato Papale


Quando ero ragazzo, a me sembrava immensa; ma, per quanto camminassi tra le fini architetture etrusche che contornavano le sue piazze, la mia strada finiva invariabilmente sulla riva di un lago.
E da quella, oltre l’acqua, lo sguardo correva ai boschi sull’altra sponda, da cui sentivo il richiamo di un vasto Mondo, appena oltre le acque dei tre laghi.
Studiai molto (ed avevo talento!). Questo mi consentì di viaggiare, di allontanarmi da quella Mantova che alla fine mi era diventata minuscola.
Conobbi finalmente quel vasto Mondo che avevo appena sognato oltre i faggi sull’opposta riva. Vidi anche Roma, la capitale dell’Universo, e frequentai perfino la sua Augusta corte!
Ma fu qui a Napoli che alla fine mi fermai, e sulle balze di tufo giallo di questo promontorio (che amavo chiamare “Posillipo” con una punta di vezzoso “grecismo”) costruii la mia casa.
Mi chiedete perché?
Come Mantova, pure Napoli si affaccia sull’acqua, e da ogni punto della Città si vede il suo Golfo rotondo. E anche qui lo sguardo corre oltre, verso la sponda opposta. Ma quello che vedo sull’altra riva di questo mare è… ancora Napoli!
Dunque, chi arriva qui non avrà mai desiderio di voler visitare altro…
Qui, tutte le lingue e le espressioni sono arrivate e la città le ha trattenute e costrette a convivere con le altre. Qui è raccolta tutta la sapienza dell’Umanità. Qui si parla il linguaggio internazionale dei gesti, degli sguardi, delle emozioni.
Qui, mio caro giovane concittadino, si impara ad essere cittadini del Mondo…
‘o Monaciello
di Pamela Parenti


Non vi preoccupate se non mi conoscete ancora, perché a Napoli, prima o poi, tutti mi incontrano!
Non aggio mai avuto una casa vera, ero nu guagliunciello un poco diverso e tutti me ne cacciavano perché non crescevo e avevo la testa troppo grande.
Mia madre me mettette na vesta janca e nera da monaco, sperando nella grazia della Madonna! è così che, dopo morto, sóng addiventato ‘o monaciello: uno spirito secolare con poteri magici!
Sóngo nu poco fetente, mi diverto tanto ad agghiacciare ‘o core ‘mpietto alle persone, che ci volete fare!
“Corrite! Lo monaciello! Gente, cannele, corrite!” gridavano ‘a copp ‘a Salita di Santa Teresa dopo che di notte gli avevo levato le coperte da cuollo oppure gli avevo soffiato nell’orecchio mentre dormivano.
Però a chi mi voleva bene e si metteva a parlare cu mme senza paura, io mostravo la mia benevolenza con monete, tesori e grandi fortune.
Raccontarono storie e leggende su di me tanti scrittori: Giovan Battista Basile ne Lo cunto de li cunti, Francesco Cerlone nella commedia L’Osteria di Marechiaro, che si inventò pure una formula magica per tenermi lontano “Aglie, e fragaglie, fattura che non baglia” (come quella di Peppino De Filippo, ma molto tempo prima, vero?), poi Antonio Petito (Nu munaciello dint’a casa ‘e Pullecenella), Eduardo Scarpetta, Matilde Serao, Eduardo De Filippo… insomma, …sono diventato proprio famoso!
Volete sapere dove trovarmi?
Qualcuno dice a Piazza Garibaldi o ai Tribunali e qualcun altro a Secondigliano… oppure a Massa Lubrense o a Castellammare di Stabia.
Addimannate a nu viecchio o a na signora ‘ncopp’ a nu vico: “Scusate, sapite aro’ sta ‘o monaciello?” e vedrete che v’arrispunnarranno!…
‘o Monaciello
di Pamela Parenti


Non vi preoccupate se non mi conoscete ancora, perché a Napoli, prima o poi, tutti mi incontrano!
Non aggio mai avuto una casa vera, ero nu guagliunciello un poco diverso e tutti me ne cacciavano perché non crescevo e avevo la testa troppo grande.
Mia madre me mettette na vesta janca e nera da monaco, sperando nella grazia della Madonna! è così che, dopo morto, sóng addiventato ‘o monaciello: uno spirito secolare con poteri magici!
Sóngo nu poco fetente, mi diverto tanto ad agghiacciare ‘o core ‘mpietto alle persone, che ci volete fare!
“Corrite! Lo monaciello! Gente, cannele, corrite!” gridavano ‘a copp ‘a Salita di Santa Teresa dopo che di notte gli avevo levato le coperte da cuollo oppure gli avevo soffiato nell’orecchio mentre dormivano.
Però a chi mi voleva bene e si metteva a parlare cu mme senza paura, io mostravo la mia benevolenza con monete, tesori e grandi fortune.
Raccontarono storie e leggende su di me tanti scrittori: Giovan Battista Basile ne Lo cunto de li cunti, Francesco Cerlone nella commedia L’Osteria di Marechiaro, che si inventò pure una formula magica per tenermi lontano “Aglie, e fragaglie, fattura che non baglia” (come quella di Peppino De Filippo, ma molto tempo prima, vero?), poi Antonio Petito (Nu munaciello dint’a casa ‘e Pullecenella), Eduardo Scarpetta, Matilde Serao, Eduardo De Filippo… insomma, …sono diventato proprio famoso!
Volete sapere dove trovarmi?
Qualcuno dice a Piazza Garibaldi o ai Tribunali e qualcun altro a Secondigliano… oppure a Massa Lubrense o a Castellammare di Stabia.
Addimannate a nu viecchio o a na signora ‘ncopp’ a nu vico: “Scusate, sapite aro’ sta ‘o monaciello?” e vedrete che v’arrispunnarranno!…
Raphael Jones
di Luca De Pasquale


Il mio nome è Raphael Jones, sono nato a San Francisco, che come forse saprete è una città costruita di fronte al mare, in pratica un golfo racchiuso tra le colline.
Sono un archeologo, insegno storia, con la quale ho instaurato un rapporto di reciproco supporto, perché è a sua volta lei che mi insegna a essere curioso, a cercare, a capire, a sognare. Ed è proprio un sogno che mi sta spingendo a venire a Napoli, perché voglio cercare l’Armonia. Sono caduto da una scala, cercavo un libro di Raffaele LaCapria, la mia testa è finita sull’Odissea e tutto è diventato onirico. In quella splendida nebbia ho incontrato Parthenope e… non mi dite niente, ma me ne sono perdutamente innamorato.
Come poteva essere altrimenti? Io voglio conoscerla di persona, Parthenope, e capire dov’è che si è andata a rintanare l’Armonia. Perché lo so che non si è perduta, me lo hanno detto, l’ho intuito, bisogna solo cercarla, forse stanarla con dolcezza. Voi sapete perché si è data alla macchia?
Mi ha sempre appassionato, e sono certo che mi capirete, pensare a come nelle città la bellezza si tramuti pur restando intatta, o viceversa, come si conservi pur con tutti i cambiamenti del tempo, i cicli di vita, il cammino delle persone. E di come, nel turbinio del tempo, si finisca per perdere di vista l’Armonia. Come darle torto se poi si nasconde? È per questo che vi chiedo di aiutarmi a ritrovarla, e nel farlo dovremo essere gentili, curiosi, rispettosi e naturalmente innamorati.
E dunque mi aspetto di trovarvi all’arrivo, per iniziare questa ricerca insieme!